17.8.06

Ciò che resta

Mia madre sta muorendo ed io, assieme a mia moglie e mia sorella, vado a prenderle l’abito per l’ultimo viaggio.
Rientro nella casa ove sono vissuto per tanti anni e, mentre loro cercano tra gli abiti, solo, mi aggiro per quelle stanze un tempo familiari.
Cerco ricordi, aiuti per perdere il meno possibile.
Salgo in mansarda, ecco la poltrona dove amava fare le parole crociate; scendo in cucina, ecco la lavagnetta della spesa, in un cassetto i suoi occhiali, vecchie riviste di prima che il male si manifestasse; vado in salotto, la vedo mentre spolvera i mobili; nel bagno, i suoi trucchi, rivedo i gesti delicati con cui li usava.
Ecco cosa resta, dopo l’onda della morte.
Il quotidiano, un gesto, un oggetto apparentemente banale, una scena, un sorriso.
Cose che non erano destinate ai posteri, ma per me, ora, sono invece le più importanti.
Comincio ad ammucchiare in una borsa, poi, capisco che ciò che cerco non è nei feticci, ma in un luogo sicuro ed esclusivo, dentro di me.
Nulla può la Mietitrice, che lei ha impresso la sua immagine, in me.
Io stesso, così come sono e sento, sono il prodotto anche di tutti coloro che amo. Come una spugna ho assorbito senza rilasciare, come coralli sono il risultato di superfetazioni, come un tronco sono formato da miriadi di anelli concentrici ove ho imprigionato anche parti di mia madre.
E nulla e nessuno mai potrà togliermeli perché sono la mia essenza.

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