2.11.06

Domani è un altro giorno - seconda puntata

Casa, Lunedì, ore 6:00
Fuori è buio e freddo, dentro è caldo ed intimo, non vorrei proprio uscire, ma ho un importante appuntamento a Roma.
Sono tranquillo, prenderò il treno; una garanzia, mi dico.
Atrio della stazione, ore 6:30
Luce verde di neon. Il caos più totale, sembra di vedere un vecchio film della guerra, ovunque vi sono soldati, c'è anche qualche soldatessa, in mezzo a tanto grigioverde spiccano i colori di qualche studente, mentre i grigiblu dei pendolari cercano di non farsi notare. Ci sarebbero due sportelli della biglietteria, ma è aperto solo uno.
Cerco di capire dove inizia la fila, ma è come cercare il capo di una matassa scomposta. Intuitivamente mi metto dietro al capo che sembra più diretto per la biglietteria.
Ricordo che da bambino, quando con mio nonno facevamo il biglietto, il ferroviere armeggiava tra le manopole di un macchinario rosso fuoco che sembrava un ibrido tra una affettatrice ed un congegno per il puntamento dell'antiaerea e subito, magicamente, spuntava un piccolo biglietto in cartoncino rigido.
Oggi gli antiquati congegni meccanici hanno lasciato il posto all'elettronica: l'impiegata si sbriga tra tastiere, mouse, schermi e stampanti e dopo appena un quarto d'ora esce un biglietto che pare un fazzoletto.
Ma perchè poi fare le file quando è possibile servirsi online ? Avrei tanto voluto stuprimi con il progresso telematico, ma poichè il server erà giù, adesso sono qui che penso e conto: ad occhio e croce, se non ho sbagliato fila, ho avanti a me dieci persone che, moltiplicate per 15 minuti (media cronometrata per fare un biglietto) fanno 150 minuti, che diconsi due ore e mezzo, che significa che perdo abbondantemente il treno.
Di necessità virtù, salirò senza biglietto, pagherò una multa salata oltre al prezzo del biglietto e così darò il mio contributo al risollevamento delle FS.
Bar della stazione, ore 6:50
Cornetti di dimensioni preistorica e di consistenza vinilica giacciono dietro una teca appannata.
Cassiera assonnata, cameriere scocciato, folla accalcata.
Come disse il Poeta, non me ne curo, li guardo e passo (di corsa che perdo il treno).
Avrei voluto comprare almeno il giornale, almeno leggere l'oroscopo, almeno fare il sudoku, ma da anni l'edicola è chiusa e tanto non ne avrei avuto il tempo per fermarmi.
Binario 4, ore 7:00
Tramontana diretta dall'artico a schiaffo sulla mia nuca. Quelli che sono arrivati prima si sono piazzati sui lati sotto-vento delle colonne della pensilina, gli altri fanno come i pinguini, cercano di abbrancarsi come possono e girando offrono a turno le terga al gelo.
Io, con un principio di assideramento alle orecchie, come capitan Achab, dal ciglio del marciapiede, aguzzo lo sguardo al limitare della stazione; finalmente appare, non è Moby Dick, pare piuttosto un sorcio col muso bianco e il naso rosso.
Io ho la carrozza tre, mi dirigo dove penso che si fermerà l'inizio del treno, ma, invece, i vagoni sono numerati al contrario.
Mi sento come un salmone che risale le cascate, sbraccio contro la corrente umana e faticosamente arrivo al mio vagone.
La porta è chiusa, premo il bottone, lo ripremo, ma niente, non si apre, servirà la parola d'ordine ? Vedo uno che sale avanti, allora corro e mi arrampico anch'io.
Certo che la stella d'europa, il treno che non teme gli aerei, disegnato da Pininfarina, mi stupisce: più che un treno pare un angusto sottomarino e per giunta sotto attacco. La porta di divisione tra i vagoni è scardinata, pure quella dei bagni non si chiude ed un delicato odore di pescheria solletica le sensibili nari mattutine.
Entro nel vagone, saranno almeno 80 gradi, l'unica cosa tiepida è il caffè del carrellino.
Posto 31, ore 7:05
Il posto è contro il senso di marcia, gli altri sono già occupati, infilo come posso la borsa sotto le ginocchia e mi accoccolo nel sedile mignon. Uno scossone ed il sedile si inclina pericolosamente, guardo e mi accorgo che è fissato al pavimento con due soli dadi lenti. Altro scossone, serie di repliche decrescenti e siamo partiti.
Intorno a me inizia lo strip tease, boccheggiando come una carpa appena pescata mi unisco anch'io e, superati i primi attimi di timidezza, mi ritrovo in maniche di camicia. Le orecchie intanto si sono scongelate, hanno assunto le dimensioni di quelle di Dumbo, e per il brusco rialzo termico, a giudicare da come scottano, dovrebbero essere di un bel rosso peperone.
Sale la temperatura e cala la velocità, il treno procede a singhiozzo, dai finestrini non si vede niente perchè c'è un dito di condensa.
Mi guardo intorno, chi non boccheggia, russa.
Orte, ore 8:30
Siamo in ritardo, poco male, io, previdente, ho scelto un treno che dovrebbe arrivare a Roma due ore prima dell'appuntamento.
Il controllore è già passato ed io ho già dato, senza giornale e senza caffè, provo a dormire.
Tra poco imboccheremo la direttissima Milano-Bolgna-Firenze-Roma e fileremo a destinazione.
Entriamo in galleria, il treno strattona sempre più e poi comincia a rallentare, sempre di più, seempre di più, seeempre di più.
Ci fermiamo.
Una delle gallerie tra Orte e Roma, ore 9:30
La sosta è anomala, siamo nelle viscere della terra.
Un altoparlante gracchia qualcosa in un idioma sconosciuto.
Guardo gli altri passeggeri interrogativo, ma nemmeno due asiatici hanno capito cosa ha detto.
Stessa galleria, ore 9:45
Passa il controllore. Folla ansiosa di notizie, l'uomo, serio, annuncia un guasto tecnico ed aggiunge che tra pochi minuti dovremmo ripartire.
Cerco di sistemarmi più comodo che posso, in fondo, sono in un treno al caldo, con la luce, assieme ad altre duecento persone ed ho ancora un vantaggio di un ora.
Parte la luce, poi si riaccende e poi si spegne.
Ecco, adesso siamo al buio. Aspetto, se c'è una cosa che non può mancare in un treno è l'elettricità, tra poco riaccenderanno le luci.
Stessa galleria ore 10:00
Siamo fermi, al buio e cominciamo a cercare i vestiti perchè la temperatura sta scendendo.
Guardando dalla porta di comunicazione si vede la luce nel vagone accanto, decido di trasferirmici.
Qui si sono formati dei gruppi. C'è chi impreca contro il governo, chi contro Trenitalia, chi contro il Padreterno.
Mi limito ad ascoltare i soliti luoghi comuni, intanto mando il primo SMS con cui avviso possibile ritardo causa guasto del treno.
Stessa galleria ore 10:30
Il nervosismo cresce, il controllore si è nascosto. Primo attacco isterico, una donna comincia strillare, qualcuno cerca un medico. L'altoparlante geme un nuovo comunicato, riusciamo a capire, dopo molte interpretazioni, soltanto "trenta minuti".
Invio un secondo SMS di avviso reiterato ritardo.
Stessa galleria ore 11:00
Il controllore è riapparso, l'isterica ha vomitato, una donna incinta pare abbia le doglie, io cerco di ricordarmi una certa posizione joga.
Secondo le ultime notizie dovrebbero arrivare i soccorsi da Roma od Orte.
Stessa galleria ore 11.15
Zitti tutti! Una voce imperiosa sovrasta le altre ed impone il silenzio.
In lontananza si sente il ronzio di un diesel.
Sono i soccorsi ! Evviva !
Il controllore ha riacquistato l'autorità e spiega che ci traineranno fino alla più vicina stazione.
Mi sento come un naufrago che scorge il pennacchio di fumo della nave che lo salverà.
Il treno si muove! Uno strattone e poi, di nuovo immobili.
Notizie concitate, si è rotto il cavo di traino !
Stessa galleria ore 11:45
Comincio a pensare che mancherò all'appuntamento ed allo stesso tempo penso che sarebbe prudente viaggiare con uno zaino fornito di torce, picconi, razioni di emergenza, razzi di segnalazione, cassetta pronto soccorso, giubbotto salvagente...
La donna incinta pensa che partorirà e lo chiamerà "Enrico" come la talpa di Lupo Alberto.
Stessa galleria ore 12:00
Il personale di bordo riunisce tutti i passeggeri negli ultimi vagoni, gli unici illuminati e ci spiegano che sarà fermato un eurostar sul binario accanto al nostro e saremo traghettati sull'altro treno. Ci prepariamo con lo stesso zelo con cui i naufraghi del Titanic assiepavano i ponti che si immergevano.
Una strana sensazione mi pervade, io sono la reincarnazione di Otto Lidenbrock, ho trovato la pergamena e raggiungerò il centro della terra.
Stessa galleria ore 12:30
A quanto pare l'eurostar di salvataggio ritarda.
Invio altro SMS: non aspettatemi per pranzo stop. Cercate tenda rossa stop. Armaduk ha finito cibo per cani stop.
Scatta l'ordine di evacuazione: prima i feriti, poi i vecchi e bambini, poi le donne, poi gli uomini, poi l'equipaggio e per finire il capitano.
Dal finestrino vediamo l'altro treno affiancato, trattasi di superbo esemplare dei nuovi eurostar grigi e verdi.
Attraverso delle passerelle transitiamo nel nuovo treno.
Scopriamo altri passeggeri che ci guardano stupiti, si tratta del Milano Roma che viaggiava in perfetto orario.
Noi ci sentiamo come i reduci di guerra, noi abbiamo una storia da raccontare, e già sento altri compagni di viaggio, dotati di ars oratoria, narrare le peripezie di binari in tempesta, fulmini a ciel sereno, fiamme sinistre e terribili mostri guardiani.
Punto imprecisato subito dopo la galleria, ore 12:45
Il treno di ferma.
Ci guardiamo sgomenti.
Qualcuno cerca già di individuare il menagramo frugandosi per trovare i cerini per accendergli il rogo.
L'altoparlante provvidamente interviene spiegando che trattasi di sosta tecnica per sbarcare i feriti.
Guardiamo dai finestrini, effettivamente ci sono due ambulanze e due macchine dei carabinieri.
La donna incinta scende sorretta da due lettighieri, ora dovrà trovare un nuovo posto eccitante per partorire ed un nuovo nome per il pargolo.
Roma Termini, ore 13:30
Ingresso trionfale in stazione. Ci sarà la televisione? Alcune signore previdenti estraggono gli attrezzi e si restaurano il volto per l'occasione. Ci sarà il ministro dei trasporti ? Il Presidente della Repubblica ? Sua Santità ?
Sono intimidito mentre scendo gli scalini.
Sul marcipaiede solito casino. Carrellini di Chef Express, macchinette con spazzoloni rotanti, macchinette con carrellini vuoti, tanta gente che si muove indifferente.
Non c'è nessun VIP. Si avvicina invece un individuo che mi propone tre paja di calzini in filo di scozia a 5 euro.
Discendo il marciapiede ed in fondo vedo un cartello "ASSISTENZA EUROSTAR".
Volevo ben dire, ci hanno preparato l'accoglienza !
Seguiamo (i duecento dell'eurostar incidentato ed i trecento di quello dirottato pel salvataggio) una grassa ferroviera che sculetta fino al club eurostar.
Qui ci sono due tavolinetti, di quelli pieghevoli da giardino, con dei cornetti, un thermos e bicchierini di carta.
Un'onda umana tutto travolge ed io, che sono un po' indietro, non trovo neppure i tavolini.
Squilla il cellulare. Un SMS da parte di coloro con i quali avevo l'appuntamento, mi comunicano gentilmente che l'appuntamento si è felicemente concluso e che non abbisognano di me.
Roma Termini, ore 14:30
Cartellone giallo delle partenze.
C'è un treno che parte tra un'ora (cantava Battisti).
Se mi dice bene forse torno a casa per cena.

Originali

Piove.
Entro in casa, mi volto e guardo le impronte che ho lasciato.
Ognuna è diversa dall'altra ed ogni momento, asciugandosi, mutano, ciascuna differentemente e non è possibile ripeterne anche una sola.
Ogni momento è diverso dall'altro, ogni respiro cambia rispetto al precedente e rispetto al successivo, tanti originali irripetibili che si cancellano appena fatti.
E' l'inafferrabile presente, il granello di sabbia che, impercettibile, passa nella clessidra dal cono del futuro a quello del passato.
Croce e delizia.
Infaticabili creature artefici di inconsapevoli originali.
Ogni gesto, ogni momento è prezioso in quanto irripetibile.
Sono felice di esistere, di vivere questa meravigliosa vita ogni giorno diversa nella sua apparente ripetizione.
Anch'io creato, mi sento creatore del mio mondo.
Microcosmo in comunione col macrocosmo.

M'è dolce naufragare

Lucide forme ambrate si snodano e si abbracciano tra loro.
Silenzio.
Attesa.
La lama lucente incide il velo sottile, che, traslucido d'olio, oppone una minima resistenza prima di cedere croccante.
Odori di remote isole meridionali, zibibbo, cannella, limone, scaldano le narici.
Le fauci diventano umide di desiderio.
Frammenti scomposti di mele asprigne, maturate nell'anice, languidamente adagiati tra gherigli di noce si offrono impudicamente.
Una dorata lacrima di miele scivola maliziosamente.
La mano tremante dal desiderio s'accosta timorosa di sconvolgere tanta bellezza.
Che sinfonia ! L'acidulo ed il dolce, l'esotico ed il nostrano, il secco e maschio anice avvinghiato all'umida e femmina mela. Nessuno prevale, tutti si completano.
E allora,
socchiudo gli occhi e mi lascio teneramente naufragare in questo oceano di sapori.

Domani è un altro giorno - prima puntata

LONDRA, MERCOLEDI' ORE 21:00
Stanza d'albergo illuminata dal debole chiarore di un monitor, lo schermo visualizza il sito del Ministero delle infrastrutture e Trasporti, sezione scioperi. Giovedì, settore aereo, modalità 8 ore dalle 10:00 alle 18:00.
Mi agito, controllo il biglietto, mi becco in pieno lo sciopero, lieve e sommessa imprecazione. Consulto l'orario, c'è un volo che arriva prima dello sciopero, ma parte alle 6:30. Breve dilemma interiore, prevale la voglia di tornare a casa, chiamo la compagnia aerea, pago la tassa e sposto il biglietto.
LONDRA, GIOVEDI' ORE 4:00
Stanza d'albergo, bagno illuminato da luce verdastra di lampade a basso consumo, nuvola di vapore condensato sullo specchio.
Ho due occhiaie da fare invidia a Dracula quando è a digiuno, ma corro, salto la colazione che è troppo presto. Arrivo all'aeroporto e con grande sorpresa trovo una fila di zombie al check-in, vado ai controlli di polizia, identica fila, finalmente accedo alla mitica area dei duty free. Provo a fare colazione, nuova fila per entrare. Inghiotto schifezze e mi ustiono le tonsille con un caffè espresso da mezzo litro. Corro al gate e mi metto in fila con gli zombie.
FORLI', GIOVEDI' ORE 9:00
Paesaggio nuvoloso e brumoso, freddino.
Atterrato ! Fila per scendere, autobus, vado a ritirare i bagagli. C'è una squadra inglese femminile di scherma, dopo due ore di volo, perfettamente sincronizzate vanno tutte al bagno. Intanto sul nastro arrivano i bagagli; sciabole e fioretti sono custoditi in contenitori stretti e lunghi che, sul nastro, visto che le legittime proprietarie essendo altrove impegnate non li ritirano, si incastrano al primo giro. Il nastro inesorabile non si ferma e continua a vomitare bagagli che alimentano un mostruoso groviglio. Finalmente tornano in massa le moschettiere e d'impeto si gettano sui bagagli ammonticchiati. Vuoi per cavalleria, vuoi per pigrizia, mi siedo paziente ed aspetto che la ressa si sfoltisca. Aspetto, aspetto, finchè con disappunto noto che il nastro è stato pulito e non c'è rimasto neppure il mio bagaglio.
Vagamente contrariato, esco e chiedo dove devo andare per denunciare lo smarrimento. Per strada chiedo informazioni per il treno e con crescente disappunto vengo informato che c'è sciopero dei treni fino alle 13:00. Decido di noleggiare una macchina, ma l'idea non è originale ed è rimasta solo una utilitaria color verde muffa; la prendo.
FORLI', GIOVEDI' ORE 11:00
Parcheggio aeroporto, nuvoloso, brumoso, freddo.
Mi incastro nella macchinina, metto in moto, mi sintonizzo su onda verde e parto verso casa. Dice il CIS viaggiare sicuri che la A14 è bloccata prima di Fano, non dice nulla per la E75, scelgo quest'ultimo itinerario. Inizio a salire verso il Verghereto, le nuvole da scure diventano bianche ed è sempre più freddo. Salgo ancora, qualche fiocchetto di neve nell'aria, mi viene un dubbio, accosto, apro il bagagliaio e scopro che non ci sono le catene da neve.
Continuo, adesso nevica, ma non attacca, vedo un cartello: "obbligo di catene a bordo".
All'uscita di una galleria c'è un posto di blocco, si controllano le catene, io riesco a nascondermi dietro ad un TIR e proseguo sempre più solo, sempre più agitato, sempre più nella neve.
Alla folle velocità di 30 Km/ora raggiungo il valico, grande sospiro di sollievo, è noto che un corpo per effetto della forza di gravità in discesa viaggia anche se non ha le catene.
A destra vedo un'area di sosta e la mia vescica si ricorda che da oltre otto ore non è stata ancora vuotata, mi fermo.
VERGHERETO, GIOVEDI' ORE 14:00
Area di sosta, nuvoloso e neve.
Mentre rifletto quanto siano elementari i piaceri che possono rendere felice un uomo, risalgo nella macchinina, mi lego ben benino, avvio il tergicristallo ed un botto fortissimo mi squote brutalmente. Esco nella neve e scopro una macchnina bianca che inopinatamente ha parcheggiato nel mio sportello destro. Con cautela mi avvicino e, attraverso lo strato di ghiaccio che copre il parabrezza appannato, vedo due grandi occhiali rettangolari neri che incorniciano due occhi spalancati che mi fissano privi di una significativa espressione raziocinante. Mi avvicino al finestrino che si apre lentamente e dalla fessura a tutto volume esce una voce nasale e ritmata che con le "e" chiuse recita il rosario di "Radio Maria".
Finalmente metto a fuoco due monache intabarrate di nero, circondate da santini e fagotti, che in romagnolo farfugliano "Gesù, Maria !".
Dopo un'ora ho completato il CID, ho fatto le foto col telefonino che squilla insistentemente ed al quale mi ostino a non rispondere. Mi rimetto in marcia, il telefonino suona, non ho l'auricolare e, vista la giornata, voglio evitare altri guai.
Mi fermo ad un area di sosta in pianura, dopo che la neve è stata sostituita da una pioggerellina funerea come il mio umore.
Rispondo, è il mio socio, ometto il racconto delle mie vicissitudini e lui, lapidario, mi dice: "Ieri notte sono entrati i ladri in ufficio, non hanno rubato niente, salvo il vestito nuovo che avevi ritirato dal negozio ed avevi lasciato in ufficio".
Riattacco senza commentare, stacco la batteria del telefonino e proseguo.
CASA, GIOVEDI' ORE 19:00
Atrio di casa, fuori è buio e freddo, dentro c'è una calda luce gialla ed è caldo.
Con le spalle curve, senza bagagli, entro in silenzio, moglie e figli mi guardano muti. Tacendo vado in camera da letto, mi spoglio, infilo il pigiama, entro nel letto e chiudo la luce.
Come disse qualcuno, domani sarà un altro giorno.