22.12.06

Auguri

A tutti auguri di Buon Natale e che sia un 2007 pieno di viaggi !

Varianti ferroviarie 1

Il taxi mi lascia avanti alla Stazione Termini.
Entro nell'atrio, guardo subito il cartellone delle partenze, putroppo ho perso il treno ed il prossimo c'è tra un ora e mezza.
Tanto tempo da aspettare, ma troppo poco per programmare qualcosa; se mi sposto dalla stazione rischio di perdere anche il prossimo, non mi resta che rassegnarmi all'attesa.
Dopo il terzo caffè al club eurostar mi sento inquieto, guardo l'orologio, sono passati nemmeno dieci minuti.
Meglio uscire a fumare la pipa altrimenti rischio la nevrosi.
Esco nella folla, mi accendo la pipa e con passo ciondolante cammino nel corridoio antistante i binari.
Non ho neppure fatto tre passi che una zingara sulla settantina, alquanto claudicante, mi si para innanzi e biascica qualcosa.
Effettivamente la poveretta è ridotta male, magari non ha nenache la pensione, magari non ha neppure casa, magari non ha nenache mangiato.
Mi cerco in tasca, penso di aver trovato cinquanta centesimi ed invece estraggo un euro; sullo slancio mi pare brutto ritornare indietro e dono la moneta alla donna che parte biascicando.
Faccio altri due passi e quasi vado a sbattere contro un'altra mendicante, giovane con un bebè al collo che dorme.
Mi guarda fissa e, senza proferir parola, scuote una scatola di cartone con delle monete.
Poverina, ha un bimbo piccolo, magari non ha di che dargli da mangiare, magari non ha i soldi per comprargli il vestitino, magari è malato, magari il padre se ne è scappato via, magari sono profughi di guerra.
Come resistere ? Infilo nuovamente la mano a caccia dei cinquanta centesimi ed estraggo due euro.
Breve esitazione, ma in fondo sono in due, se ho dato un euro alla vecchia sdentata, come negare due euro ad una madre ed al suo figlio?
Elargisco e si dileguano.
Guardo l'orologio, è passata mezz'ora.
Decido che restare al centro del corridoio può essere dispendioso, allora mi avvicino alle pareti e cerco di assumere l'aria di uno che ha fretta ed è tanto impegnato, quasi quasi mi invento anche una telefonata al cellulare.
Mi sono appena fermato innanzi alla lounge dell'alta velocità, che arrivano due ragazzini questuanti. "Ci dai una monetina ?"
Li guardo, vorrei fare lo sguardo glaciale, ma penso, poverini, magari hanno perso il treno, magari hanno fame, magari un bullo li ha depredati della paghetta, magari hanno i genitori malati o, peggio, sono stati abbandonati. E se succedesse ai miei figli ?
Infilo la mano in tasca e cerco, questa volta penso proprio che si tratta del cinquantino, ma i ragazzini sono due, me ne occorrono due. Rifrugo, eccone un'altro. Li estraggo e vedo altri due euro.
Oramai la consuetudine non può essere cambiata, non posso rifiutare a questi quello che la sorte ha scelto per loro.
Verso ed allo stesso tempo mi dico che oggi ho dato abbastanza e che con il prossimo sarò inflessibile.
Anzi, dato che è meglio prevenire che curare, mi trasferisco accanto al box dei carabinieri.
Se non ricordo male l'accattonaggio è vietato dalla Legge e non oseranno avvicinarsi ai tutori dell'ordine.
Ma forse perchè i carabinieri nel box non ci sono o forse perchè il precetto normativo non è noto, ecco che arriva un questuante concentrato di sfighe.
E' magro come un chiodo, si sorregge con le stampelle, trascina il piede sinistro che pare morto, la mano sinistra ha una posa simile ad una zampa di pollo, il volto è una collezione di pustole, l'occhio destro è bendato, apre la bocca e mostra un orripilante spettacolo di denti mancanti, mozzati, anneriti, putrefatti.
Ogni commento è superfluo, infilo la mano senza cercare e tiro su le ultime due monete, il cinquantino pluriricercato ed un decino. Il Tizio non gradisce, è troppo poco, io frugo ancora e rovescio la tasca piena solo di pelucchi e residui di tabacco.
Il mendicante se ne va senza ringraziare ed io allora, infilo gli occhiali scuri, alzo i baveri della giacca, cerco di piegarmi le labbra all'ingiù da cattivo e fuggo nuovamente nel club eurostar.
E' mezz'ora che mi rigiro sulla poltroncina azzurra, guardo l'orologio, il treno dovrebbe essere al binario, guardo il video delle partenze, ANCONA BIN. 3.
Mi apposto dietro la porta a vetri del club, inforco gli occhiali scuri, calco sulla fronte il cappello, alzo i baveri della giacca, digrigno i denti, mi accuccio per terra come i centometristi pronto a scattare.
Ecco, lo storpio ha girato l'angolo, la vecchia ha bloccato già uno, la madre col figlioletto non si vedono proprio, i ragazzini sono lontani, vvvia, scatto come Mennea, driblo due pellegrini, supero un giapponese e sono alla testa del binario 3.
Il treno, come previsto, è fermo in attesa, mantenendo andatura sostenuta, fingendo di parlare al cellulare, ed assumendo l'aria più trista che posso, cerco il vagone e l'imbocco in volata. Ancora non c'è nessuno, trovo il mio posto, mi siedo e tiro un sospiro di sollievo.
Una mano mi tocca alle spalle. Mi giro di scatto, un tizio che sembra la caricatura di Rocky, con accento marcatamente campano, vuole vendermi calzini. Faccio presente che li ho già. Lui aggiunge che sono ottimi, che costano poco e che è uscito da Poggioreale ieri. Maledicendo l'indulto, obietto che non ho moneta. Lui si offre di darmi il resto. A questo punto mi sono incastrato da solo, dicendo che non avevo moneta è come se avessi detto che li avrei presi se l'avessi avuta.
Non vorrei estrarre il portafoglio, allora contorcendomi come un girino cerco di tirare su direttamente una banconota da cinque, ma mi viene su una da dieci. Il napoletano, estrae dalla borsa un sciarpa bianco-azzurra, trionfalmente mi dice "e bravo dotto, vi siete accattato anche la sciarpa". Vorrei obiettare che non voglio nè sciarpa nè calzini ma lui è già fuori.
Il sedile è disastrato, dove non è rattoppato è sporco di gore. Un paio di viti sporgenti mi pungulano le natiche.
Cambio posizione, il treno parte ed io m'addormento.
Nel sonno sento il nome della mia città, apro un occhio, realizzo che sono arrivato.
Mi alzo di scatto, afferro borsa, cappello e giaccone e salto giù dal treno appena in tempo.
Esco dalla stazione e mi dirigo in ufficio, sono le sei, la gente è in giro per compere. Saluto alcuni conoscenti. Tira un vento così gelido che lo sento persino nei pantaloni, mi torna in mente la celebre scena di Marilyn Monroe con il getto d'aria che le solleva la gonna, ma io ho i pantaloni ed affretto il passo.
Imbocco il corso, la via principale della città, tutta scintillante di vetrine e piena di gente, saluti a destra ed a manca.
Ecco arrivo alla porta dell'ufficio, un conoscente mi saluta. Io ricambio, ma lui esita. Mi guarda tra il timido e l'imbarazzato.
Io avrei fretta e sento anche freddo, cerco di congedarmi. Allora lui raccoglie il coraggio e mi dice: "Dottore guardi che ha le mutande di fuori". Io lo guardo interrogativo e sorpreso, controllo la pattuella che è ermeticamente chiusa, lo riguardo doppiamente interrogativo. Allora lui, che ormai ha messo da parte la timidezza, mi passa dietro e con l'indice punta sul mio sedere. In un attimo metto la mano dietro e scopro un sette sui pantaloni grosso quanto la falla del Titanic. Verifico che i boxer effettivamente svolazzano con un pezzo di camicia. Maledette viti sporgenti.
Ringrazio per la segnalazione e mi rifugio in ufficio.